
La storia dell’antico Egitto giunge alla XIII° dinastia che viene ricordata, o scordata, perchè assolutamente inoperosa e pigra, aveva portato un grado di sonnolenza e torpore in tutto il paese, da far sì che non si riuscisse a trovare una minima traccia di notizia o movimento degno di nota, neppure con l’ausilio degli “esperti”, di solito così bravi e intraprendenti nell’ingigantire anche dei frammenti di unghia.
Nel totale sbalordimento, ci risulta persino inutile citare i nomi dei faraoni che hanno regnato in questo periodo.
Facciamo solo notare, non certo per spaventare o intimidire qualcuno, che in soli trent’anni passarono almeno una decina di faraoni, segno evidente che a far nulla si muore.
Lasciamo comunque al lettore una annotazione pericolosamente profetica, mentre i faraoni dormivano, nel nord del paese avveniva una immigrazione di gente dell’est asiatico sempre più insistente che risulterà determinante per il risveglio dell’area.
Amanti del nulla fare, i faraoni della XIII dinastia passavano il loro tempo in compagnia di giullari e prestigiatori che attiravano l’attenzione più che gli affari di stato, gli sbadigli erano il tratto essenziale del vivere sociale e anche la nuova moda di salutarsi in pubblico.
Era il 1723 a.C. quando, oramai, era evidente a tutti gli egiziani che si stava andando verso un brutto periodo e ciò venne colto da quegli animi più sensibili che sono gli artisti e i poeti, i quali inaugurano un periodo letterario denominato “Le Lamentazioni”, dove essi esprimevano lo stato d’animo della popolazione, sbadigliante e lamentosa come i suoi faraoni; anche se altri “esperti” ritengono che si tratti della punta intellettuale di una protesta latente in quel periodo.
La fine della sbadigliante XIII dinastia viene annunciata ben prima della morte del suo ultimo faraone che, come tutti i suoi predecessori, non è stato in grado di generare azioni degne di nota neppure di fronte alla intraprendenza degli immigrati orientali divenuti maggioranza in alcuni luoghi del delta del Nilo e, a poco a poco, anche indipendenti.
L’ultimo faraone, Merneferra, riesce a suggellare la sua presenza grazie al profondo dolore provocato dal disfacimento del regno che avveniva di fronte ai suoi occhi e ciò è confermato dal soprannome che si meritò, ovvero Ay, che rappresenta la smorfia di dolore che il faraone aveva ogni qualvolta riceveva uno schiaffo, non solo psicologico, da uno dei reucoli orientali insediati nel suo regno.
Per pura cronaca riportiamo un esempio letterario dello stile e contenuto delle lamentazioni, certi che alla fine anche a voi vi verrà voglia o di sbadigliare o di buttarsi giù da un dirupo.
LE LAMENTAZIONI
Esempio di Lamentazione letteraria
Oh povero me. oh poveri noi, oh che sciagure, che disgrazie,
stamattina lo specchio si è rotto ed un gatto nero mi è passato davanti mentre cercavo di raccogliere i pezzi, dallo spavento, mi sono tagliato e mi hanno portato al pronto soccorso, ma mentre andavamo l’ambulanza si è capovolta e sono entrato in coma profondo.
Poi, mentre ero incosciente si erano già spartiti i miei beni e avevano anche venduto i miei organi. Quando mi sono risvegliato sono stato preso a botte dai miei cari che oramai si erano avvantaggiati della mia dipartita.
Le botte inferte mi hanno provocato lesioni irreparabili ma lo stato non mi ha riconosciuto l’ìnvalidità … anzi, mi ha condannato ai lavori forzati per tentativo di truffa.
Va male … la televisione non funziona, le tasse aumentano, quando c’è il sole ci si scotta e quando piove ci si bagna … governo ladro … mondo boia..
Come vedete il tempo passa ma le lamentazioni sono sempre le stesse.