LA BATTAGLIA DI MEGIDDO

Vale la pena soffermarsi nel racconto dettagliato della battaglia di Megiddo fra egiziani e ben 330 principi siriani che si coalizzarono per ribellarsi al faraone.

Nel 1484 a.C. circa, la città fortezza di Kadesh, situata tra siria e libano, era il centro della coalizione anti-egiziana ed avevano già formato un esercito di grande potenza.

Anche se la posizione geografica di Kadesh era sicuramente favorevole, il suo sovrano preferì riunire questo esercito confederato nella città di Megiddo.

L’esercito egiziano, che aveva saputo dai servizi segreti tale notizia, attraversò il deserto, giunto ad Aruna, il faraone dovette prendere una grave decisione riguardante la strada da percorrere con le sue armate, riunì così il consiglio di guerra.

I casi erano tre: le due vie laterali erano larghe e agevoli, la prima conduceva a Taanach e l’altra a Djefti, ma avrebbero allungato di molto la distanza, mentre vi era la possibilità di una strada centrale, talmente stretta che il carro d’oro del faraone ci sarebbe appena passato, e per di più, nel caso di un’imboscata, le truppe, non avrebbero avuto via di scampo. L’unico lato positivo era che, percorrendo la strettoia, si sarebbero accorciate notevolmente le distanze.

Il faraone, che era stanco di vagare nel deserto e non vedeva l’ora di tornare nel suo palazzo per farsi una bella doccia rinfrescante, optò proprio per quest’ultima soluzione, nonostante il disappunto dei suoi generali che, invece, erano per le cose semplici e comode.

Gli ufficiali dell’esercito Egizio cercarono in tutti i modi di dissuadere il faraone che, sfinito, prese questa decisione: non avrebbe costretto il suo esercito a seguirlo, coloro che avrebbero voluto sarebbero stati liberi di scegliere le altre due strade. L’esercito, compatto, decise di seguire il suo sovrano, perché in fondo tutti avevano voglia di tornare a casa velocemente e farsi una bella doccia.

La scelta di Thutmose III si rivelò la più sicura e veloce, i nemici, infatti, conoscendo bene i generali egiziani, si aspettavano un attacco dalle due strade laterali e pertanto spostarono le loro truppe in quella direzione.

Quando l’esercito si schierò per il combattimento: pur trovandosi di fronte forze immense, gli Egiziani riuscirono a mettere in fuga gli avversari che si rifugiarono nei propri accampamenti all’interno della città.

Anziché cogliere il momento favorevole, le truppe di Thutmose sostarono nel campo dei confederati, rimasto abbandonato, e si diedero a feste e balli.

Ma la battaglia era appena all’inizio; gli egiziani scavarono un fossato intorno alle mura, circondandolo con una palizzata: l’assedio durò tutta l’estate e l’inverno sino a dicembre quando Megiddo si arrese per fame. Furono fatti prigionieri cento principi ed alcune delle loro donne, fatto non da sottovalutare e, come nelle storie più classiche, solo il capo dell’insurrezione riuscì a fuggire.

Il faraone conquistò un ricco bottino ma non infierì contro i nemici catturati e la loro guarnigione, sfoggiando grande magnanimità: semplicemente li ammonì e gli disse: “brutti birbantelli non fatelo più, mi avete scomodato per farmi venir fin qui in mezzo al deserto per sculacciarvi ma adesso giurate di non farlo più” .

Figurarsi se non giurarono!

Allora il faraone ordinò di portare tutti i principi a Tebe, in gita, in modo che potessero trascorrere un lungo periodo di vita “all’egiziana”, in questo modo i suoi ospiti avevano l’opportunità di studiare alla scuola di corte e una volta terminati gli studi, avendo anche acquisito gli usi tebani ed imparato ad apprezzarne i costumi, potevano tornare nelle loro terre di origine.

Inutile dire che il faraone inventò la prima scuola di rieducazione e lavaggio del cervello di massa, molto più simile ai gulag di più recente memoria.

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