
Il Faraone Menes ripreso nell’atto a lui più congeniale, ovvero quello di “menare” un suddito. |
Il primo faraone, Narmes o Menes, a secondo di chi lo chiamava si era oramai insediato e, come abbiamo visto, aveva di fronte il problema del nord e del sud.
Per far felici le due fazioni, quelle del nord e del sud, il Faraone fece riempire il suo palazzo di piante di papiro, simbolo del nord, e legalizzò il gioco del lotto assai praticato al sud.
Gli esperti insistono nel sostenere che il simbolo del sud fosse il fiore di loto, ma come al solito non sanno andare aldilà del loro pur lungo naso.
Essi avevano letto nelle antiche scritture “loto” al posto di “lotto”, perchè fondamentalmente dislessici e bucolicamente lo hanno fatto passare per un fiore.
Menes si accorse che non bastava il suo fascino per addomesticare le due anime dell’Egitto e quindi pensò che fosse utile trasferirsi di casa in un luogo non sospetto (ne a nord ne a sud), anche perché a Thini, la sua città natale, lo ricordavano tutti come il pollivendolo del paese e questo nuoceva alla sacralità del suo nuovo ruolo istituzionale.
La ricerca di una città dove trasferirsi e che avesse i requisiti sopra esposti fu vana, oltretutto in quel tempo vi era scarsità di alloggi e l’edilizia non andava per la maggiore. Così al novello Faraone non restò che fondare un pollaio … ehm, cioè una città apposita.
I geografi si diedero da fare ed infine segnarono un punto sul corso del fiume Nilo che stava esattamente in mezzo fra il nord e il sud.
La città fu chiamata Menfi in onore di Men (il Faraone) e di Fi, il geografo che scoprì quel punto sul Nilo; l’unica cosa che sappiamo di Fi è che fu eliminato poco dopo la costruzione del palazzo reale in quanto si venne a conoscenza del motivo per cui in quel luogo nessuno aveva mai costruito neppure una baracca.
Menfi fu fondata, infatti, nell’unico punto dove era matematico lo straripamento costante e annuale del Nilo, con inevitabile allagamento delle terre circostanti e perciò, ora, anche del palazzo reale.
La Morte di Menes
Si narra che la fine di un capo non possa che essere originale ed essere ricordata in modo enfatico, perciò Menes, giunto ad una certa età, non riuscendo a morire in situazioni particolari, dovette escogitare un hobby rischioso che lo avrebbe portato a un sicuro e glorioso trapasso.
S’inventò la caccia grossa, che in quelle zone non poteva che essere fatta cacciando ippopotami e fu cacciando, appunto, un ippopotamo che, finalmente, egli trapassò.
Nessuno può dire di aver avuto tanto dagli animali quanto costui. C’è chi dice che l’ippopotamo fosse al soldo dei servizi deviati, ma queste rimangono solo congetture mondane che la storia non registra.